5 Febbraio 2023 -

UNA CAMMINATA TRA SANTI E CACCIATORI

Quando i nostri piedi si dirigono verso il Montalbano, non sembra nemmeno di camminare su sentieri che altri hanno percorso prima di noi, nel tempo. Purtroppo, in diversi punti, il continuo passaggio di moto da cross e perfino di auto, ha modificato indelebilmente quel territorio. Eppure gli occhi si posano via via su testimonianze del passato, incontrate qua e là, seminascoste dalla vegetazione che cerca di riprendere il sopravvento nonostante il dilagare della barbarie umana. A quel punto ci si rende conto di essere in luoghi che, secoli e secoli fa, costituivano dei punti di riferimento per le persone che viaggiavano per motivi militari, economici o religiosi. Non tutte le aree su cui possiamo oggi passare, tuttavia, erano accessibili: alcune erano addirittura private, quindi era impensabile poter circolare liberamente. Lungo quello che oggi noi chiamiamo sentiero 300, infatti, ci saremmo trovati di fronte ad un invalicabile e lungo muro di recinsione che proteggeva una immensa riserva di caccia: il Barco Reale, proprietà della famiglia de’ Medici. Al suo interno c’era un’antica torre medievale di avvistamento, la Torre di sant’ Alluccio, quasi in prossimità di un trivio segnato da cippi che individuavano i confini delle diverse comunità. Da qui si poteva scendere verso la pianura, da un lato verso Vinci, dall’altro verso il pratese dove, una volta raggiunta Carmignano, si poteva pregare davanti alla bellezza della Visitazione del Pontormo nella chiesa dei Santi Michele e Francesco.

 

Il Barco Reale

Il Barco Reale, con la sua estensione di 4000 ettari, era la riserva di caccia privata della famiglia granducale. Istituita da Ferdinando II nel 1626, era stata pensata come un’area che salvaguardasse e rendesse sempre disponibile la selvaggina per le battute venatorie che partivano dalla vicina Villa medicea di Artimino. Selvaggina che al tempo era piuttosto variegata: vi si potevano incontrate, oltre a diversi tipi di volatili, lepri, cinghiali, cervi, daini bianchi e orsi. Per poter garantire la permanenza degli animali, era stato costruito un altissimo e lungo muro (circa 50 km) interrotto qua e là da sentirsi e corsi d’acqua, tutti rigorosamente chiusi con grandi cancelli. Poiché per la popolazione la zona era completamente interdetta e nessuno poteva recarvisi a cacciare se non il granduca e il suo seguito, furono istituiti degli appositi guardiani, detti birri. Questi ultimi erano autorizzati a controllare tutta l’area, arrestare quanti si intrufolavano all’interno della riserva per cacciare di frodo, che venivano puniti con pene molto severe. Il Barco, però, non era solo sinonimo di caccia: era anche riserva di legname che veniva tagliato per essere venduto, ma anche ripristinato, secondo un’illuminata politica di rinforzo dei terreni e di preservazione delle specie vegetali. Con Cosimo III una parte dei terreni venne destinata a scopi agricoli, coltivati soprattutto a vigneto. A partire dal 1716, infatti, venne attribuita alla produzione vinicola del luogo una serie di norme restrittive, l’antenata dell’attuale Denominazione di Origine Controllata. Il Braco subì il declino assieme al tramonto della famiglia medicea; la casata dei Lorena non era interessata alla zona e ne decretò la “sbandita” – cioè la destituzione della riserva – nel 1772.

 

La Torre di sant’Alluccio

Era consuetudine nel medioevo costruire strutture fortificate di avvistamento: la Torre di sant’Alluccio era in origine proprio questo, una torre medievale di avvistamento talmente importante da dominare il territorio circostante con la sua presenza, fino a divenire segnacolo di un luogo ben specifico, anche nella toponomastica. Prima che i Medici pensassero al Barco Reale, infatti, questa torre segnava dall’alto il Montalbano, che intorno all’anno mille era un’ampia zona collinare interessata da un’intensa viabilità di raccordo alle grandi reti viarie. Come molte strutture architettoniche di questo tipo, possedeva una funzione difensiva: dall’alto era più facile non soltanto avvistare i nemici, ma anche comunicare più rapidamente attraverso il sistema dei fuochi e dei fumi, che – esattamente come un codice morse – era in grado di trasmettere informazioni alle torri vicine e alleate giorno e notte. Sulla sua costruzione aleggiava una leggenda che vedeva come protagonista, appunto, un monaco cluniacense, Alluccio (per alcuni lo stesso sant’Allucio di Pescia, membro della famiglia degli Allucinghi[1]), che si era dedicato anche alla fondazione di un romitorio, di un hospitale e di una cappella. Molto più probabilmente, invece, queste strutture erano state erette come proprietà dei potenti conti Guidi, signori di Cerreto e di Vinci. Già nel XVI secolo, tuttavia, ne doveva essere rimasta soltanto la torre[2], alla quale venne annesso un complesso signorile e rurale, appartenuto alla famiglia Ridolfi.

 

La Visitazione di Pontormo

La Visitazione è una tavola dipinta ad olio da Iacopo Carucci, detto il Pontormo[3], fra il 1528 e il 1530. Essa fu concepita per andare a decorare l’altare commissionato da Bartolomea Pinadori, vedova di Pietro di Paolo di Bonaccorso Pinadori, per la chiesa di San Michele a Carmignano. Nell’opera l’artista (Pontorme 1494-Firenze 1557) riesce ad effondere il senso di tenerezza e di complicità fra le due donne, Maria e la cugina Elisabetta, con grazia ed eleganza. Tutto si concentra attorno ai sentimenti che traspaiono dall’abbraccio e dagli sguardi, in una realtà che appare gioiosa, ma al tempo stesso riflessiva e silenziosa: la storia della salvezza è affidata al leggero sfiorarsi dei grembi rigonfi che ancora nascondono due bambini ignari del proprio destino. La luce che inonda i corpi accresce questo senso di atmosfera sospesa e definisce l’ariosità delle vesti, sulle quali risplendono tonalità iridescenti di colore.

[1] Si rimanda alla pubblicazione degli Atti della Tavola Rotonda tenutasi nel 2022 a Pieve a Nievole.

[2] Come si vede nel disegno di Leonardo da Vinci rappresentante il Valdarno Inferiore, conservato nelle collezioni reali di Windsor (foglio RL 12685, al nome santa lucco).

[3] Per un approfondimento della figura artistica di Pontormo: https://www.treccani.it/enciclopedia/carucci-iacopo-detto-il-pontormo_(Dizionario-Biografico)/